Perchè andare a Kiev?

Le ragioni le rintraccio nel pensiero e nelle parole di Alex Langer che aveva definito la guerra una “avventura senza fine”.

Egli aveva individuato due linee di azione contro la guerra. La prima si basava sulla necessità di superare il “pacifismo gridato”, riproponendo lo slogan della Campagna Nord Sud “Contro la guerra cambia la vita”, ovvero l’invito a cambiare gli stili di vita che sono all’origine di sfruttamento, violenze, soprusi, guerre. L’altra linea individuata da Langer faceva riferimento alla possibilità di ricorrere a strumenti diversi da quelli bellici, superando l’alternativa tra subire e fare la guerra. Una specie di terza via.

Allora la domanda che Alex Langer si poneva, e che noi ci poniamo oggi, è Che fare?
Di fronte al fallimento della politica e della negoziazione si poteva intervenire, secondo Langer, con diverse azioni:
1. rafforzare gli anticorpi di ogni persona per prevenire le guerre e non lasciarsene catturare, una volta scoppiate, e allargare una solida base ideale e culturale di predisposizione alla pace e alla convivenza, disintossicando cuori e cervello;
2. individuare strumenti non bellici alternativi e nonviolenti, persuasivi ed efficaci, per ridurre il tasso di violenza nel mondo e risparmiare bagni di sangue.

 

Ma come farlo?

  1. sviluppando l’arma dell’informazione e della disarticolazione della compattezza derivate da repressione, disinformazione e censura, con supporto e aiuti a gruppi impegnati nei diversi regimi totalitari e per i diritti umani
  2. costituire e moltiplicare – che è proprio ciò che ha iniziato il Mean – gruppi, alleanze, tavoli interetnici, interculturali, interreligiosi di dialogo e azione, piuttosto che da campo a campo o da blocco a blocco
  3. avvicinare i popoli e rendere difficile il consenso a bombardare l’altro (che si accetta di bombardare quanto meno si conosce)
  4. lavorare seriamente ad un nuovo diritto internazionale e un nuovo assetto dell’ONU, basato sul concetto di destino comune dell’umanità e non sovranismo tra Stati, che rappresenta una interessante opzione politica
  5. chiedere all’ONU una sorta di Sant’Elena per orientare i dittatori verso una uscita di sicurezza, prima che ricorrano al bagno di sangue
  6. sviluppare azioni di ricerca e sviluppo nel settore della nonviolenza. Di fronte ai problemi demografici, di fronte alla precarietà ecologica del pianeta, non ci può più essere una guerra giusta.

Obiettivo creare laboratori pionieristici di nonviolenza e convivenza.

Nel dialogo tra Alexander Langer e Ernst Gulcher, segretario dell’intergruppo europarlamentare per la pace, il disarmo e la sicurezza globale comune, vengono individuate alcune caratteristiche dei Corpi Civili di Pace.
Alex riteneva di dover evidenziare come fosse gravemente sottostimato il ruolo potenziale dei civili nel prevenire e gestire i conflitti. Egli individua, dunque, forma, compiti, professionalità, qualità personali, livello internazionale, addestramento:
  1. forma: avrebbe dovuto essere costituito dall’Unione Europea sotto l’auspicio dell’ONU
  2. compiti: prevenzione dei conflitti, monitoraggio, dialogo nonviolento, costruzione di fiducia, lavorare per far diminuire l’intensità della disputa, promozione di contatti, negoziare con autorità e personalità di spicco, promuovere educazione e comunicazione tra comunità, combattere contro pregiudizi e odio, incoraggiare mutuo rispetto, ascolto reciproco, sfruttare le potenzialità di coloro che non sono coinvolti nel conflitto (anziani, donne, giovani), denuncia dei fautori della violenza, ricostruzione delle strutture locali, cooperazione con le organizzazioni mondiali
  3. professionalità: alto livello di addestramento professionale
  4. qualità personali: tolleranza, resistenza alle provocazioni, educazione alla nonviolenza, propensione alla democrazia, conoscenza delle lingue, capacità di sopravvivere in situazioni precarie
  5. livello internazionale ed età tra i 20 e gli 80 anni
  6. 1000 figure di cui 2/3 volontari (anche diplomatici e militari in pensione) e 1/3 di professionisti formati
  7. attenzione a rifugiati ed esiliati
  8. addestramento: esperienze sul campo, conoscenza delle lingue, della storia, delle religioni.
La PACE deve essere visibile per essere creduta. Se visibile, troverà molti sostenitori in ogni popolazione.
Si tratta di un invito ad uno stile di vita che echeggia il Lentius, Profundius, Suavius, ovvero più rapporti umani. Ricordo queste parole “Non vi è che un modo per far fronte alla pulsione di morte che è in ognuno di noi, creare legami emotivi tra le persone”.
Far questo oggi, di fronte alla guerra in Ucraina significa forse dar corso a quel “Continuate in ciò che era giusto”.

*ospite di don Mauro Stabellini a Piacenza al raduno annuale degli obiettori di coscienza della Caritas.

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