Nella manifestazione di giovedì scorso a Castro Pretorio, Roma, è intervenuta anche Fatima, donna di nazionalità russa che da mesi si batte per esprimere la propria vicinanza e la propria solidarietà nei confronti del popolo ucraino.
Di seguito le sue parole:
«Nel 2004 la strage di Beslan costò la vita a più di 300 persone, tra le quali 186 bambini, con oltre 700 feriti. Perché parlare dei morti di Beslan a una manifestazione contro la guerra in Ucraina? È semplice: vi ricordate il bombardamento che fece l’esercito russo nel teatro di Mariupol? Vi ricordate che, vicino al teatro, c’era una scritta a caratteri cubitali ‘Bambini’, per farli risparmiare dai bombardamenti?
Ecco, ordinare di uccidere dei civili per Putin e per le sue forze è una cosa all’ordine del giorno. Uccidere senza scrupoli pur di ottenere quello che vuole, ad ogni costo.
Oggi decidere da quale parte stare non è semplice per chi vive in Russia, dove ogni cenno dissenso può essere visto come un’insubordinazione rispetto al regime e ogni disobbedienza viene pagata con anni di carcere.
Io sotto questo aspetto mi sento fortunata perché vivo da tanti anni in Italia e ho avuto la possibilità di scegliere con la mia testa da che parte stare: e io ho deciso di stare con il popolo ucraino, un popolo che sta vivendo una sofferenza atroce, in un refrain della II Guerra Mondiale, le fosse comuni, le torture, le fucilazioni di massa pensavamo fossero questioni relegate al secolo scorso e ai libri di storia.
La questione ucraina viene da lontano, quando Putin fece il discorso alla nazione la sera prima della guerra – utilizzo questa parola a ragione invece di “operazione speciale” – parlò di popoli fratelli e di una vecchia origine comune delle tradizione e della cultura ucriana e russa. Ciò è vero ma ha omesso di dire che nei secoli la cultura ucraina si è stratificata creando un popolo e una nazione indipendente dagli altri. All’indomani della fine dell’URSS l’Ucraina si sentì pronta a seguire il proprio percorso di vita proclamando una propria indipendenza e riconoscendosi come nazione autonoma. Una nazione giovane, forte, composta da persone fiere nell’animo e nello stile di vita. Tale volontà di indipendenza è stata riaffermata nelle manifestazione a Maidan.
Già in quell’occasione l’occupazione russa della Crimea rappresentò un atto criminale che doveva essere punito dall’Europa. Il seme di questa guerra fu gettato in quel momento quando nessuna potenza straniera si pose in un atteggiamento di biasimo e distacco dalla posizione russa, che dall’altra parte lesse questa non-posizione come una posizione di debolezza, interpretato come un lasciapassare per andare oltre. Con la scusa della tutela dei russofoni si giunse alle posizioni che hanno scatenato la guerra attuale, una scusa per accendere la miccia della guerra. Mai – e sottolineo MAI – l’Ucraina ha posto in essere persecuzioni nei confronti dei russofoni ma, nonostante ciò, la Russia ha innescato un meccanismo di odio durato ben 8 anni che ha portato alle condizioni attuali.
Dopo tanti anni di conflitto sul confine le vittime civili stavano drasticamente riducendosi e, quando tutto si era quasi placato, il Cremlino, che dal 2014 destabilizzava il Donbass con armi e militari russi presenti nel territorio ucraino, ha sentito il bisogno impellente di denazificare e demilitarizzare l’Ucraina.
Non dimentichiamoci che fu fatta la stessa cosa con i Ceceni e poi con la Georgia, tutte dinamiche identiche che hanno portato allo stesso risultato, cioè alla guerra, con la stessa durezza e crudeltà. Per fortuna ora l’Europa si è risvegliata, ha capito che ora a rischio sono i suoi stessi sistemi democratici e l’Ucraina rappresenta l’ultima frontiera che separa la cultura millenaria democratica dai sistemi autoritari e autarchici dell’Asia.
Ora non è più il momento delle parole ma di prendere posizione e salvare il popolo ucraino.
Spesso si sente parlare di pace, parola troppo usata come scudo dietro il quale non schierarsi. Tutti vogliamo la pace ma non tutti vogliono un mondo giusto e una pace giusta, sembra che per alcuni la pace sia una specie di osso da lanciare dietro al cane per continuare a condurre la propria vita. Una posizione stupida: una pace non giusta produttrà solo altro odio e altre guerre in una spirale senza fine.
Noi gridiamo forte che siamo per una pace che deve essere giusta e che permetta al popolo dell’Ucraina di seguire il proprio percorso di vita, senza interferenze esterne, con la restituzione di tutti i territori che le appartengono. Allora, solo allora, sarà possibile mettere in campo una pace vera, stabile e duratura da dare in dono alle generazioni future affinché cose del genere non accadano mai più.
Putin, giù le mani dall’Ucraina, ritira l’esercito dai territori ucraini, riporta le lancette dell’orologio a prima del 2014, il popolo ucraino è maturo per seguire la propria strada e lo sta dimostrando ogni giorno!»