La Repubblica: Ucraina, per costruire la pace
Nel marzo scorso, è partito un tam tam che ha collegato un pezzo importante di società civile italiana, attorno all’idea di inviare in Ucraina i corpi civili di pace dell’Europa. Da allora è nato un ponte di dialogo straordinario ed inedito tra la cittadinanza attiva italiana e quella ucraina.
Dall’unione di oltre 35 organizzazioni ne è disceso un progetto il “Movimento Europeo di Azione NonViolenta” con l’obiettivo di collegare le società civili europee, ucraine e russe. Mentre il tavolo delle grandi potenze è naufragrato il 24 febbraio, quello dei legami tra i popoli può essere ancora tenuto saldo. La nostra azione, corale e civica, di ricerca della pace attraverso il metodo della nonviolenza parte dal riconoscimento della legittimità della difesa armata degli ucraina e della loro autodeterminazione contro l’aggressione russa. Ma si spinge ad aggiungere al dibattito in corso un’ulteriore riflessione: la solidarietà all’Ucraina ed alla dissidenza russa che ha provato e prova a contrastare la guerra non può arrivare solo con il passaggio delle armi, che costituiscono un male necessario ma non una soluzione al conflitto, abbiamo bisogno di legare i popoli attraverso un vero sentimento europeo che ci rende irrimediabilmente figli di uno stesso orizzonte politico, imperniato sulla democrazia partecipata, sul welfare e sui processi di emancipazione.
La solidarietà vera passa solo attraverso la presenza dei nostri copri fisici di cittadini europei nei luoghi del conflitto, accanto al popolo aggredito, per sostenere ogni azione utile a sottrarre la morte alla logica di dominio e di vendetta, aumentando le avacuazioni, supportando l’unità nazionale del popolo ucraino aggredito nel suo desiderio di indipendenza, difendendo la sua cultura, impedendo la spoliazione dei suoi musei, aiutando nel soccorso dei feriti e contemporaneamente nella ricostruzione del tessuto economico di una nazione che non aveva fatto in tempo a riprendersi dallo shock della pandemia per ricadere in un nuovo crollo del suo Pil. Abbiamo scelto di andare in massa l’11 luglio a Kiev, nel limite di 150 attivisti, come la legge marziale prevede, sfidando la paura di tante e tanti, perchè è giusto. I leader della società civile italiana e ucraina prenderanno parola insieme per parlare della pace possibile, della necessità di pensare alla mediazione e conciliazione nei luoghi di confine quando arriveranno le tregue tanto agognate.
Saremo 150 attivisti, italiani ed ucraini, ospiti ufficiali del comune di Kiev, alloggeremo negli hotel della capitale, arriveremo il 10 luglio sera accompagnati da attivisti di Act for Ukraine, avremo un incontro assembleare alla presenza del sindaco Vitalij Klycko, che prenderà parola insieme a noi, per parlare del futuro dell’Europa a partire dal futuro dell’Ucraina, vivremo insieme momenti musicali guidati da artisti locali ed italiani, e ci divideremo in gruppi di lavoro per prenddre degli impegni di resistenza nonviolenta, insieme. Non lasceremo più soli gli ucraini e non li lasceremo solo alla solidarietà delle armi, perchè dal 12 luglio dovranno esserci contatti costanti tra le due società civili per animare la speranza di un popolo che sta reagendo fieramente all’oppressione di una potenza nucleare, in difesa di un sogno comune, il sogno europeo di un continente per sempre libero dalle guerre. È bene che i governi si impegnino per la pace. Ma la costruzione della pace è un valore da coltivare ogni giorno, dai cittadini, per un mondo più giusto. La pace non è una bandiera di posizionamento. Non può essere strumentale. Non chiude o apre gli occhi a seconda del colore dell bandiera dell’aggressore. Non è il contrario della guerra, è rispetto dei diritti fondamentali della persona. Anche per questo, deve essere il frutto in un’instancabile e coraggiosa, costruzione popolare, che non si limita a schierare le indignazioni ma interpella il dovere di partecipare.
di Marco Bentivogli e Angelo Moretti