«Quando nel marzo del 2022 siamo arrivati la prima volta a Leopoli, abbiamo capito che dovevamo abbandonare tutte le romanticherie pacifiste che ci guidavano prima della frontiera. Quando entri in Ucraina, capisci che uno scudo antimissilistico ti salva la vita tutte le notti e che l’antidrone è fondamentale per proteggere le città. La non violenza che noi proponiamo non è un giudizio sulla resistenza armata ucraina, anzi si affianca alla resistenza armata. Vogliamo aggiungere un modo di difendere la libertà ucraina anche con la forza della non violenza».
Al Palazzo d’Ottobre, gli esperti si sono confrontati sulle linee guida per un buon funzionamento dei Corpi civili di pace. Il magistrato Giovanni Kessler, oggi presidente dell’Associazione Eucrania ed ex direttore dell’Ufficio anti-frode dell’Unione europea (Olaf), ha indicato i possibili compiti, dall’accertamento delle verità sulla guerra al superamento dei traumi legati al conflitto. Con una organizzazione che potrebbe essere simile a quella dei volontari dei Vigili del Fuoco: «Non un gruppo di funzionari che sta in un ufficio e attende di essere chiamato, ma esperti e professionisti che fanno lavori diversi e che si attivano quando serve», ha spiegato.
Giovanni Scotto, docente di Gestione costruttiva dei conflitti all’Università di Firenze, ha proposto che il referente politico sia di volta in volta un console onorario del Paese in cui si va a operare. Alona Horova e Aziz Demirdzhaiev, portavoce di due tra le ong ucraine più attive nel sostegno alle comunità colpite dall’aggressione russa, hanno sottolineato anche la necessità che i Corpi civili di pace lavorino con gli attori locali per individuare le migliori pratiche da mettere in campo.
Ora la palla passa a un comitato di otto esperti. Quattro di questi, due ucraini e due italiani, sono stati definiti proprio nell’incontro di Kyjiv. E l’eurodeputato Fabio Massimo Castaldo, esponente del Movimento 5 Stelle che ha partecipato alla missione del Mean, sta lavorando già a una raccomandazione da presentare a Bruxelles. «Devo trovare sostegno da parte dei colleghi per farla calendarizzare. Non sarà facile ma ci proviamo», dice. Ma soprattutto bisogna far sì che la questione diventi centrale anche nella campagna elettorale in vista delle prossime elezioni europee.
«Faremo il possibile per tenere centrale il tema dei corpi civili di pace nei lavori di avvicinamento all’Europa del Parlamento ucraino», ha detto Vadym Halaichuk, deputato ucraino e co-presidente dell’Associazione interparlamentare Ue-Ucraina.
«Si tratta di prevedere un approccio completo. Non solo la diplomazia basata sui principi chiave della sicurezza europea, con il rispetto dei confini dell’Ucraina e la sua sovranità territoriale, ma anche un lavoro sul campo, con la gente, per aiutarla a risolvere i propri problemi. È qui che vedo il lavoro di organizzazioni come i Corpi civili di pace europei», dice Marcel Pesko, rappresentante speciale per l’Ucraina dell’Osce.
«Il futuro dell’Europa passa da Kyjiv», recitava il titolo della conferenza organizzata dal Mean. «L’istituzione dei Corpi civili di pace deve partire da Kyjiv, così come i trattati per l’Europa sono partiti da Roma quando l’Italia era ferita e si riprendeva dai bombardamenti», dice Angelo Moretti. «I cento morti di Piazza Maidan sono morti per entrare nell’Unione. Certamente l’Ucraina dovrà adeguarsi su alcuni fronti, ma sappiamo che dal punto di vista valoriale gli ucraini hanno già conquistato diritto di essere membri dell’Ue».
I Corpi civili di pace sono il compimento di un anno e mezzo di lavoro del Mean. In mezzo, da quel febbraio 2022, sono stati portati a termine trentasei gemellaggi tra comuni italiani e ucraini. Oltre alla costruzione del Peace Village inaugurato a Brovary, a venti chilometri da Kyjiv, che ha continuato a funzionare grazie a un sistema di alimentazione a energia solare anche quando l’esercito di Vladimir Putin bombardava le centrali elettriche. E durante le estati del 2022 e 2023, il Mean ha organizzato i Summer Camp in diversi comuni italiani, per permettere a mamme e bambini di «cambiare aria» dalla scenario di guerra, sul modello dell’accoglienza ai tempi dell’esplosione della centrale di Chernobyl.
«Se lascio l’aggredito solo con sé stesso di fronte a un aggressore così potente, a lungo andare si rischia che l’aggredito diventi simile all’aggressore», dice Moretti. «Con la nostra presenza fisica in Ucraina coltiviamo ancora la speranza tra le persone che vivono il dramma della guerra».