Il 30 ed il 31 maggio il corposo universo della nonviolenza attiva, della mediazione internazionale e della difesa civile si incontrerà a Roma per discutere del futuro della “Costruzione della pace in Europa. Da Sarajevo a Kiev” in una due giorni promossa dal Movimento europeo di azione nonviolenta e da Pontificia Università Antonianum. Moltissimi gli ospiti e le voci



PRIMO APPELLO
30 MAGGIO
In questo quadro, abbiamo chiesto all’Europa di cui siamo e ci sentiamo fieramente cittadini, di riprendere le fila di una sua storia imperniata sulla pacificazione riuscita tra stati membri che erano in perenne lotta tra di loro, e di ritrovare il coraggio di rilanciare la sua identità come continente e forza garante della pace al proprio interno e nel mondo. Un primo atto in questa direzione sarebbe l’istituzione dei Corpi Civili di Pace Europei, da impiegare già adesso, in sede di negoziati per il cessate il fuoco e la ricostruzione della convivenza nei confini dilaniati in Ucraina, ma anche per offrire una nuova chance di gestione creativa dei confltti in ogni altra parte del mondo.
Non basta più aver pacificato il nostro continente se il Mediterrano è ridotto ad un cimitero, se i muri ed i fili spinati sorgono di nuovo, da Mellilla alla Grecia alla Polonia, passando per Ventimiglia e Calais, se l’est si infiamma mentre noi restiamo prigionieri di scelte energetiche sbagliate e scelte diplomatiche frammentate. In un’Europa in cui la spesa militare sale all’impazzata nei bilanci degli stati membri, è urgente parlare di nuovi inquadramenti giuridici e nuovi investimenti, culturali ed economici, in materia di “costruzione della pace”, nella prospettiva dell’ecologia integrale.
Il 30 maggio alle 16.00 presso l’Aula Sant’Antonio di via Merulana il Mean e la Pontificia Università Antonianum ne abbiamo discusso con scienziati, politici ed attivisti. Ad aprire il pomeriggio il professor Stefano Zamagni con una riflessione su “Fratellanza umana e diplomazia delle culture per una pace globale”, successivi gli interventi di ospiti del calibro di Gaetano Visalli, della Cooperation Peace Accademy, Bernardo Venturi, direttore dell’agenzia per il Peacebuilding, Luisa Del Turco, direttrice del Centro Studi per la Difesa Civile, Edi Rabini, fondatore della Fondazione Alex Langer Stiftung, Marianella Sclavi, portavoce del Mean e docente di etnografia urbana e gestioe dei conflitti, Luigi Bobba, estensore della prima legge sui Corpi Civili di Pace in Italia, Massimiliano Costa, presidente Maesci, e tanti altri che hanno aderito.
Ci siamo rivolti poi alle forze parlamentari italiane per discutere con loro di come sostenere questa iniziativa sia nel parlamento italiano che in quello europeo, dove 22 europarlamentari sollecitati dal Mean hanno già avviato una interpellanza al Commissario degli affari Esteri, Josep Borrell, sul tema. Gli europarlamentari si sono anche impegnati ad organizzare una conferenza a Kiev per discutere della proposta di istituzione dei Corpi Civili di Pace Europei, perchè è a partire da Kiev che gli stati democratici europei devono impegnarsi a dare avvio ad una nuova forma di europeismo e pacifismo moderno, un nuovo impegno che nasca dal dolore e dalla sofferenza a cui oggi è sottoposto un popolo che resiste ad una invasione, un’invasione ed un’escalation del conflitto che forse potevano essere evitate da dispositivi più adeguati alla realtà geopolitica che viviamo, se fossimo intervenuti per tempo.



SECONDO APPELLO
31 MAGGIO
In questo scenario di guerra inedito risuona ancora forte l’interrogativo di un anno fa di Marco Tarquinio dalle colonne di Avvenire: “Se l’Ucraina avesse scelto la forma di una grande resistenza civile, se ci fosse stato non Zelensky, ma Nelson Mandela a guidarla o Martin Luther King o Mahatma Gandhi capace di mobilitare milioni persone?”
Quella domanda secondo il MEAN, il Movimento Europeo di Azione Nonviolenta, va rivolta innanzitutto a noi stessi: se questa volta dall’Europa dell’ovest e del centro ci si muovesse in massa a difesa nonviolenta di un popolo aggredito, cosa accadrebbe? Se incontro ai tank ed ai droni ci andassimo in milioni di civili europei?
Pur essendo ben consapevoli che Mandela aveva come controparte De Klerk, Martin Luther King e Gandhi i governi degli Usa e la GB, e che il regime di Putin è tutt’altra cosa, riteniamo che quella della nonviolenza europea sia una strada da tentare, nella fiducia che se saremo davvero in tanti, aperti alla presenza del popolo russo e bielorusso, e delle loro bandiere, quella che Gandhi definiva “l’arma più potente”, la nonviolenza, sarà in grado di far sciogliere qualsiasi ghiacciaio , di rendere realizzabile qualsiasi “missione impossibile”.
Il 31 abbiamo rivolto questo invito a tutta la società civile italiana ed europea dal prestigioso auditorium della Pontificia Università Antonianum in viale Manzoni. L’incontro è stato aperto dall’intervento del presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Zuppi.
Nel gennaio 1990 gli ucraini organizzarono una grande catena umana da Kiev e Leopoli per testimoniare la loro volontà di indipendenza dalla Russia e per chiedere democrazia, come accadde anche negli stati baltici, perchè questa volta non andiamo anche noi nonviolenti di Europa a costituire questa catena? Una catena umana della fraternità che sostiene l’indipendenza di quel popolo ed al tempo stesso afferma la supremazia della scelta della nonviolenza dei popoli uniti contro gli aggressori nella risoluzione dei conflitti.
Ne hanno discusso Pinuccia Montanari, docente Diploma in ecologia integrale Pontificia Università Antonianum, Marco Bentivogli, portavoce Mean e fondatore BASE Italia, don Giacomo Panizza, Presidente Comunità Progetto Sud, Mean, Giuseppe Notarstefano, Presidente Azione Cattolica Italiana, Mariagrazia Guida, Presidente Reti della Carità, Gianluca Cantisani, Presidente MoVI, Mario Cucinella, Architetto, Tetyana Shyshnyak, Mean.
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La diretta del 31 maggio





